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Quando i consumatori acquistano in Italia da imprese beni e/o servizi per scopi non professionali godono di particolari tutele che trovano per lo più la loro fonte nel codice del Consumo. Si tratta di un complesso corpo di norme che l’Italia ha introdotto nel suo ordinamento nel corso del tempo per adeguarsi alle direttive della Comunità Europea.
Ciò vuol dire che il consumatore italiano che acquista un bene nel territorio di uno Stato membro della Comunità Europea (ad es. in Germania) godrà di garanzie e diritti uguali o addirittura superiori a quelli previste in Italia.
Cosa succede, però, se il consumatore acquista beni o servizi in uno Stato non appartenente alla Comunità Europea?
Senza dover scomodare Paesi lontani come la Birmania o la Nuova Guinea, cosa accade se, ad esempio, si acquista un computer in una cittadina distante solo140 km da Bologna, abitata da persone che parlano e scrivono in italiano, se non addirittura in romagnolo?
Nella Repubblica di San Marino il consumatore italiano, godendo indirettamente delle agevolazioni fiscali praticate da tale Stato a favore delle imprese, pagherà probabilmente il bene ad un prezzo inferiore; certamente, però, non potrà giovarsi della legislazione prevista (a suo favore) dall’Italia e dagli altri Paesi della Comunità Europea, di cui San Marino non fa parte.
Espressioni come “Garanzia per vizi dei beni di consumo”, “clausole vessatorie”, “interpretazione favorevole al consumatore”, “diritto di recesso”, sono infatti termini che non hanno nell’ordinamento giuridico di San Marino lo stesso significato e peso che rivestono nei Tribunali della Repubblica Italiana e della Comunità Europea.
La legge di San Marino del 25 ottobre 2005 n. 144, infatti, ha ripreso il Codice al Consumo Italiano operando però consistenti sforbiciate alle tutele predisposte dal legislatore italiano e rinviando ad un momento successivo (non ancora giunto) la predisposizione di un progetto di legge recante disposizioni inerenti a molti settori fondamentali della tutela consumeristica.
E d’altra parte, come pretendere di più da uno Stato tutto proteso ad una politica economica di tassazione “leggera” delle imprese per favorire gli investimenti nel suo territorio?
Ci sono, comunque, casi particolari in cui il consumatore non può affidarsi alla regola elementare – che può semplicisticamente riassumersi “si applica la legge dello stato nel cui territorio la merce viene acquistata” – per individuare quale sarà lo Stato con giurisdizione.
Cosa succede infatti, nel caso si acquisti in una esposizione in Italia un bene venduto da una società sammarinese, ma non ci si vede consegnare la merce?
Se la Repubblica di San Marino fosse Stato membro della Comunità Europea o avesse sottoscritto la Convenzione di Roma “sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali” la soluzione sarebbe facile e “comoda”: il consumatore italiano potrebbe radicare il contenzioso in Italia nel luogo di sua residenza, perché: “la scelta ad opera delle parti della legge applicabile non può aver per risultato di privare il consumatore della protezione garantitagli dalle disposizioni imperative della legge del paese nel quale risiede abitualmente” (art. 4, comma 1, legge 18 dicembre 1984, n. 975).
Poiché, invece, San Marino non ha mai ratificato la Convenzione di Roma, ecco che il consumatore (italiano), per far valere i propri diritti, dovrà rivolgersi presso il corrispondente Tribunale Civile della Repubblica di San Marino.
Ciò detto, lo scrivente si domanda come funzioni l’amministrazione della giustizia lassù sul monte Titano, nello Stato abitato da giganti con partita I.v.a.
Avv. Giuseppe Genna
Consulente legale Federconsumatori Bologna
(Foto “San Marino” di fdecomite su Flickr.com)

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